A cura di :

24 aprile 2016

Arabia Saudita ed Emirati puntano sul sole

Il crollo del prezzo del greggio ha accelerato un processo in corso da qualche anno. Adesso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti vogliono convertirsi alle energie rinnovabili.

Circa 116 miliardi di euro. A tanto ammonta l’investimento che i paesi del golfo Persico, primi tra tutti Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, hanno deciso di stanziare su progetti a energia solare. Lo rendono noto gli ultimi dati aggiornati dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) secondo cui Riad, primo esportatore di petrolio al mondo, punta a raddoppiare la sua capacità di energia rinnovabile entro il 2032, raggiungendo quota 54 gigawatt, 41 dei quali di energia solare. Un progetto ambizioso con cui la monarchia saudita mira a conquistare una posizione dominante nel settore della green economy divenendo fornitore di energia pulita oltre che leader mondiale nella produzione di combustibili fossili.
Arabia Saudita ed Emirati puntano sul sole

Parigi, Cop21 e la riduzione delle emissioni di CO2

Eppure Riad è considerata uno degli attori sconfitti alla conferenza sul clima, Cop 21, tenutasi a Parigi lo scorso dicembre e conclusasi con un impegno a mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi centigradi, e a compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi. Il temuto isolamento diplomatico in materia ambientale ha spinto il governo saudita ad annunciare un taglio di 130 milioni di tonnellate di Co2 entro il 2030. Un progetto ambizioso sebbene ancora opaco nei dettagli, considerato che l’obiettivo – secondo quanto reso noto dalle autorità di Riad –  è condizionato al mantenimento di “un’economia che continui a diversificarsi e a crescere”, e soprattutto a “forti profitti derivanti dalle esportazioni di petrolio”.
Il governo saudita ha quindi deciso che un mix energetico maggiormente equilibrato tra energia convenzionale, atomica e rinnovabile è strategicamente importante per la prosperità a lungo termine, la sicurezza energetica e la sua posizione di leader nel mercato globale dell’energia.
La svolta ha accelerato un processo già avviato qualche anno fa. A tal proposito, il 17 aprile 2010 era stato istituito il King Abdullah city for atomic & renewable energy (K.A.CARE) con l’obiettivo di disegnare il mix energetico e costruire un futuro sostenibile per l’Arabia Saudita. Una rivoluzione silenziosa, alimentata dal calo costante del costo dei pannelli fotovoltaici, crollato dell’80 per cento dal 2000 al 2014, e del 65 per cento dal 2008 a oggi, in parallelo ad un continuo aumento dell’efficienza dei moduli solari.

FARO LED 2835 SMD CON PANNELLO SOLARE PER ILLUMINAZIONE ESTERNA PER GIARDINO O PER CAMPER, SPIAGGIA, MONTAGNA, RESISTENTE ALLE INTEMPERIE CON BATTERIA INTEGRATA DA 2000mAh, FARETTO LAMPADA 4 LED 2W 5V

Lotta alla disoccupazione e programma di saudizzazione

Una delle principali sfide che l’Arabia Saudita si trova ad affrontare resta la disoccupazione, che tra i giovani tocca punte del 50 per cento. Attivo da alcuni anni, il programma di saudizzazione (Nitaqat), associato all’inasprimento delle misure contro il lavoro clandestino, resta prioritario per le autorità di Riad e rappresenta una realtà con cui le comunità straniere si confrontano quotidianamente con grandi difficoltà. Il programma è all’origine di una carenza cronica di figure professionali specializzate nel regno e tra le cause del rallentamento della crescita del settore non-oil, a causa della minore disponibilità di manodopera a basso costo.
Perseguendo gli obiettivi che si sono dati per il 2030, Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar taglieranno i loro consumi di acqua del 16%, ridurranno le emissioni dell'8%, creeranno oltre 200mila posti di lavoro e risparmieranno 400 milioni di barili di petrolio, cioè il 25% dei consumi del settore elettrico.
Arabia Saudita ed Emirati puntano sul soleArabia Saudita ed Emirati puntano sul sole


Il crollo del prezzo del petrolio

I motivi che potrebbero indurre l’Arabia Saudita ad investire sulle rinnovabili e ridurre il consumo di petrolio non derivano dunque dalle preoccupazioni per i cambiamenti climatici ma sono soprattutto di natura economica. In un paese in cui le temperature raggiungono spesso picchi proibitivi, i condizionatori d’aria, da soli, hanno consumato il 70 per cento dell’energia elettrica del regno nel 2013. Con un boom demografico che ha portato la popolazione dai 5,7 milioni del 1970 ai quasi 28 milioni di oggi, la domanda domestica di energia è cresciuta a ritmi che, se restassero tali, costringerebbero il paese nel giro di 15 anni a diventare importatore di petrolio. Inoltre, la drastica diminuzione del prezzo del greggio nell’ultimo anno è senza dubbio, uno dei fattori che maggiormente hanno contribuito all’elaborazione di questa iniziativa. Con un costo che si aggira intorno ai 30 dollari al barile i profitti derivanti dalle esportazioni non sono più sufficienti a finanziare l’enorme spesa pubblica del regno. Il rapporto deficit/pil, secondo il Fondo monetario internazionale, raggiungerà quest’anno il 20 per cento, un record storico, che mette in luce le difficoltà del paese in un mondo dove il petrolio non è più una garanzia di eterna ricchezza.

Nella regione è corsa alle energie alternative

La corsa alle energie alternative non riguarda solo la monarchia saudita. Anche gli Emirati Arabi Uniti prevedono entro il 2020 di coprire il 7 per cento del proprio consumo di elettricità con fonti rinnovabili. I vicini della casa reale Al Saud hanno inaugurato da poco Shams 1, il più grande impianto solare a concentrazione esistente al mondo (100 megawatt), costato 600 milioni di dollari, capace di fornire energia a 20mila abitazioni. Inoltre finanzieranno la costruzione di una nuova centrale ad energia solare dalla potenza di 20 megawatt per un costo complessivo di circa 100 milioni di dollari. Dubai invece ha investito 3,2 miliardi di dollari per la costruzione del parco solare Mohammed bin Rashid Al Maktoum.
“Tra 50 anni, quando avremo venduto l’ultimo barile di petrolio e lo vedremo salpare per l’estero, la domanda è: saremo tristi? – ha dichiarato in una recente intervista Suhail Al Mazroui, ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti – Se investiamo oggi nei settori giusti, posso dirvi che quello sarà un momento per festeggiare”.